Gabriella Piergianni

Strategic Leader

I giovani disattivano i propri profili sui social network a difesa della privacy e del proprio benessere.

Dall’ultimo Digital Society Index globale di Dentsu Aegis Network emerge che i giovani tra i 18 e i 24 anni stanno adottando misure per ridurre i propri profili online in risposta alle preoccupazioni sull’utilizzo dei propri dati e con l’obiettivo di migliorare il benessere mentale e fisico. Rimane alta la fiducia nella tecnologia come strumento che aiuterà a risolvere le grandi sfide della società contemporanea. Ma alle aziende è richiesto più coraggio e trasparenza digitale.

Un quinto dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha disattivato i propri account sui social network (ma il dato cresce fino a un quarto in alcuni paesi come l’Italia), mentre un terzo sta limitando l’utilizzo dello smartphone durante la giornata. L’ultimo sondaggio del Digital Society Index condotto a livello globale da Dentsu Aegis Network rivela come la Generazione Z stia riducendo la quantità delle proprie attività online.

Lo studio condotto su oltre 5.000 GenZers in tutto il mondo, è parte integrante di un’indagine condotta su una popolazione mondiale di 32.000 persone, realizzata al culmine della pandemia da Covid-19, e che ha esaminato il nostro rapporto con la tecnologia e i brand.

L’analisi rivela che, nonostante il lockdown abbia portato ad un aumento dell’attività online, un quinto (17%) dei GenZers ha disattivato i propri account sui social media negli ultimi 12 mesi. Una tendenza particolarmente evidente in tutta Europa da nord a sud (dal 34% dei giovani finlandesi al 30% nella penisola iberica). Anche l’Italia ha un dato sopra la media: da noi si arriva al 25% di utenti tra i 18 e i 24 anni che hanno disattivato un profilo social!

A livello globale, un terzo (31%) ha limitato il proprio tempo trascorso online o guardando il proprio smartphone. In Italia, il 35%. Quasi la metà (il 43%; in Italia il 44%) ha adottato misure per ridurre la quantità di dati condivisi online, come cancellare la cronologia delle ricerche o rinunciare ai servizi di geolocalizzazione.

Misure che indicano una forte consapevolezza da parte dei GenZers di come e quanto i loro dati possono essere utilizzati e di alcuni degli impatti negativi percepiti della tecnologia sulla società. Più della metà di loro (58%), infatti, non si fida delle aziende tecnologiche a causa delle preoccupazioni sull’utilizzo dei propri dati. La probabilità di abbandonare un’azienda che usi male o perda i nostri dati, per gli italiani è al 68%.

Quattro giovani su dieci (37%) credono che i social media abbiano un impatto negativo sul dialogo politico nel proprio paese. Questa opinione è la più alta in Ungheria (56%), seguita da Australia (50%) e Stati Uniti (48%); anche in Italia siamo al 43%, sopra la media globale.

Per i giovani anche i problemi di salute mentale destano grande preoccupazione.  Quasi la metà della GenZ ritiene che l’utilizzo personale della tecnologia abbia un impatto negativo sul proprio benessere psico-fisico. Questo è particolarmente sentito in paesi come la Spagna (59%), Australia (55%) e Francia (53%).

Ma nonostante queste preoccupazioni, dallo studio si evince che i GenZers sono fiduciosi che la tecnologia, in futuro, produrrà più effetti positivi che negativi. Due terzi (62%) sono ottimisti sul fatto che le tecnologie digitali aiuteranno a risolvere le sfide più urgenti del mondo e questo sentimento si fa sentire maggiormente a Hong Kong (78%), seguito da paesi come la Polonia, Finlandia e il Messico (75%).

La metà dei GenZers ritiene inoltre che l’AI e la robotica creeranno opportunità di carriera per loro nei prossimi 5-10 anni, significativamente al di sopra della media. Tuttavia, ciò porta nuove aspettative con quasi tre quarti (72%) della Generazione Z che ritiene che le aziende dovranno dimostrare come il loro uso della tecnologia avvantaggerà la società nei prossimi 5-10 anni.

Ma vediamo, nel dettaglio, chi sono i GenZers.

In principio furono i baby boomers, la prima generazione che abbia mai avuto a che fare con la comunicazione di massa. Poi vennero quelli della Generazione X e della Generazione Y, cresciuti a suon di TV color, radio libere e fumetti giapponesi. C’è poco da fare: nell’ultimo secolo di storia umana, ogni generazione è stata costretta ad adeguarsi al successivo salto tecnologico, al quale ha dovuto plasmarsi per non soccombere. 

Poi arrivò la Generazione Z, (i Genzie per gli amici) che ha avuto il privilegio - per alcuni la sfortuna - di trovarsi alle prese con i Social Media, dove personal branding, comunicazione video e competenze digitali non sono un plus, ma la base su cui costruire la propria socialità. La GenZ è la generazione più fluida e sfuggente che sia mai apparsa su questo pianeta, parlando ovviamente in termini di target. Si tratta di una fetta minoritaria del totale della popolazione italiana, sia per età che per numero di componenti, comprendendo il gruppo dei più giovani.  Ma proprio per questo è anche quella più desiderata e più complessa da raggiungere per il mondo della comunicazione, una sfida che si vince anche e soprattutto facendo chiarezza sui termini, che altro non è che un modo per fare chiarezza sul pensiero.

I Genzie nascono dalla seconda metà degli anni Novanta, hanno indicativamente tra i 15 e i 25 anni, e in Italia sono circa 4,5 milioni di persone. Sono principalmente studenti o lavoratori giovanissimi che vivono con i genitori o in condivisione con amici o compagni/e.

La loro ossessione è la musica: trap e rap sono i loro generi preferiti, ma sul podio degli interessi ci sono anche il gaming e il workout.

Gli amici rappresentano la loro famiglia allargata, la tendenza all’aggregazione è fortissima; attraversano quella fase della vita in cui coesistono il bisogno di approvazione da parte del gruppo e la voglia di urlare al mondo i propri pensieri e talenti. Perché è bene voler essere out of the crowd, ma ancora meglio far parte della crowd evidentemente.

Come li vediamo noi*

SEMPRE ONLINE: il 90% dei teenager italiani non può immaginare la propria vita senza smartphone, il 59% di loro è quasi sempre connesso a Internet. Inoltre, mentre i nostri predecessori dovevano vedersela con la prima battuta di caccia o il tuffo dallo scoglio più alto, il loro vero rito di passaggio all’età adulta è rappresentato dal possesso di uno smartphone connesso a Internet.

NARCISISTI: Il 70% dei giovani ha un alto indice di narcisismo e un basso livello di empatia.

LIKES ADDICTED: 3 teenager su 10 danno importanza al numero di likes e commenti che ricevono sui social media.

.. e come sono davvero*

Circa il 60% è convinto che nel mondo debbano esserci più opzioni di genere che "uomini" e “donne”. Sono realistici, pragmatici ed analitici.

È una generazione self-learner, a suo agio con l’informazione online, che sente il bisogno di rimanere aggiornata.

Per il 65% dei Gen Z è particolarmente importante sapere cosa sta succedendo intorno a loro e avere il controllo delle situazioni, in particolare i cambiamenti nella cultura e nella società (pensiamo ad esempio alla nascita dei Fridays for Future e al seguito di Greta Thunberg).

Eppure, con una accelerazione dovuta al lockdown, il loro stile di vita, fatto di convinzioni e comportamenti, sta cambiando. Sono proprio i più giovani a dichiararsi pessimisti rispetto al futuro, alle prospettive di lavoro e benessere economico. Stress e stanchezza mentale sembrano essere dei poco simpatici compagni di vita.

Tutto questo sembra aver influito anche sull’elemento chiave della loro definizione sociologica: la progressiva riconsiderazione dei social network. Sull’incertezza e sul timore per il proprio benessere mentale infatti si innesta il nuovo importante comportamento, rilevato dal Digital Society Index di Dentsu Aegis Network evidenziato all’inizio: un quinto dei giovani tra i 18 e i 24 anni (un quarto in Italia) ha disattivato i propri account negli ultimi 12 mesi, mentre un terzo sta limitando l’utilizzo dello smartphone durante la giornata.

L’inizio di una fuga o una pausa di riflessione? Il dato va visto insieme agli altri, che evidenziano ad esempio una grande fiducia nella tecnologia per risolvere le sfide nel mondo; e la richiesta alle aziende di un impegno importante per garantire che il loro impegno tecnologico porti dei veri benefici alla società.  

Sono scelte di una generazione molto consapevole, ben più di quanto appaia a chi la osserva dal di fuori. La consapevolezza, anche dei propri problemi, può facilmente portare a scelte importanti, anche di auto-limitazione e organizzazione diversa della propria socialità.

Tornando al Digital Society Index realizzato da Dentsu Aegis, Masaya Nakamura, CEO Solutions di Dentsu Aegis Network, dichiara: “Il nostro sondaggio svela il consumatore digitale del futuro: i giovani tra i 18-24 anni. Esperti di tecnologia, che stanno riprendendo il controllo dei loro dati e delle attività online, sia per prendersi cura del loro benessere sia per rispondere alle preoccupazioni su come le aziende e le organizzazioni possano abusare dei loro dati. Tuttavia, rimangono estremamente positivi riguardo al più ampio impatto della tecnologia sulla società. I marchi devono ripensare le modalità con cui instaurano relazioni con questa generazione, premiando la trasparenza, l'empowerment e uno scambio di valori chiaro quando si utilizzano i dati dei consumatori. Devono inoltre assicurarsi di utilizzare la tecnologia in modo tale da offrire maggiori vantaggi alla società man mano che le aspettative sui marchi aumentano per creare esperienze e soluzioni utili. I GenZers sono campioni di tecnologia, ma devi prima guadagnare la loro fiducia”.

Chissà se la prossima generazione sarà una generazione Z(ero)… social.


Per ulteriori informazioni:

DSI Report 2020_Decoding Data Dynamics - white paper

DSI Report 2020_Decoding Data Dynamics - data report


*Proprietary Research Dentsu Aegis Network